È il 1984 quando esce “Amadeus” di Milos Forman, autentico capolavoro, tratto dall’omonima opera teatrale del 1979, di P. Shaffer.
Otto premi Oscar tra cui Miglior Film e Miglior Attore Protagonista per F. Murray Abraham, nel ruolo straordinario del tormentato Antonio Salieri.
Otto Oscar per un dramma sulla vita di un genio indomabile, rovinato dalla mediocrità ed invidia umana.
Dopo più di dieci anni d’esilio, Forman tornava nella Cecoslovacchia comunista per realizzare il suo film più celebre, incentrato sulla vita di Wolfgang Amadeus Mozart visto con gli occhi dell’invidioso Salieri.
Senza glorificarlo come un genio universalmente riconosciuto, Forman racconta talento e difetti di un uomo, ma non è semplicemente una biografia, è anche un abbandonarsi alla musica classica, seguendo la storia basata su un’improbabile rivalità artistica tra i due compositori.
Improbabile, sì. E di incongruenze nel film ce ne sono molte.
La prima (e più importante) è che la trama poggia su una delle bugie più grandi mai raccontate, perché tra Salieri e Mozart non c’era alcuna inimicizia o invidia.
La seconda riguarda l’età dei due. Perché Salieri aveva solo sei anni in più di Mozart, non quindici.
La trama si sviluppa, dunque, attraverso i ricordi dell’ormai anziano Salieri, bravo compositore, ma non geniale, certamente non come il suo rivale, Amadeus.
Egli racconta la sua storia dall’inizio, in una perenne ed ossessiva lotta interiore vissuta tra ammirazione e invidia verso il giovane musicista, creativo dalla natura irruenta e insensibile, ripercorrendone la spiccata originalità in un ambiente composto e conformista, mediocre e monotono.
Straordinaria performance attoriale di F. Murray Abraham nel ruolo del rivale umiliato, eppure l‘unico che riesce ad apprezzare la genialità della musica di Amadeus, destinata a vivere per sempre, mentre molte delle sue opere saranno dimenticate.
Amadeus è Tom Hulce. Grandioso!
Il film, che ne esplora la personalità, raffigura un Amadeus dotato di un talento musicale stupefacente e, contemporaneamente come un individuo eccentrico, privo di scrupoli, ma anche complesso e vitalità, vivace e passionale.
Ma anche questa caratteristica è puramente cinematografica.
Pare, infatti, che Mozart fosse tutt’altro che il frivolo pazzerello portato sullo schermo, anzi. Era un uomo di superbo intelletto, calmo, gentile e di animo buono.
Falsa anche la parte in cui Salieri, mascherato, fa visita a Mozart per commissionargli la messa da Requiem: idea, questa, sviluppata dal drammaturgo Aleksandr Sergeevič Puškin, che ci scrisse sopra un’opera sua!
In realtà, Amadeus ricevette davvero la visita di un uomo misterioso, forse il conte Franz von Walsegg Stuppach, che gli commissionò l’opera (e che effettivamente voleva ucciderlo per prendersene il merito!), ma non era Salieri che, invece, a Vienna se la passava assai bene.
Date queste premesse, non è neppur vero che il compositore venne avvelenato dal rivale, ma, dal momento che era sempre stato di salute cagionevole, probabilmente morì per una gravissima forma di febbre.
Amadeus soffriva inoltre di anemia e depressione e pare che sul finire della sua carriera, quando la sua fama cominciò a scemare, avesse un serio problema di alcolismo (che Forman ben descrive).
Ma forse l’inimicizia fra compositori resta il miglior espediente cinematografico per spiegare una morte prematura, la morte di un uomo geniale.