di Beatrice Silenzi

Un omaggio alla musica nera, propria di New Orleans. Questo è Dixieland.
Uno stile caratterizzato dall’evoluzione del linguaggio jazzistico, da una padronanza tecnica degli strumenti maggiore rispetto al passato e da una vitalità ed un’allegria che hanno toccato profondamente appassionati di musica di tutto il mondo.

Il termine Dixieland trae origine dal nome di un brano molto popolare, “Dixie’s Land”, composto da Daniel Decatur Emmett nel 1859 ed una delle sue principali caratteristiche risiede nell’ampio uso dell’improvvisazione, che consente ai musicisti di esprimersi liberamente, così da creare momenti magici durante le esecuzioni dal vivo, mentre le linee melodiche degli strumenti si intrecciano in un mosaico sonoro molto coinvolgente.

Ciò che differenzia il Dixieland da altri stili è la sua origine. Sebbene sia nato come il tentativo di imitare la musica dei neri di New Orleans, il genere ha sviluppato una sua identità unica che è stata adottata soprattutto da musicisti non afroamericani.

Nei complessi – che si esibiscono spesso in locali notturni, feste e parate – trovano posto il clarinetto, la tromba, il trombone, il piano, il contrabbasso e la batteria.
Ogni strumento ha il suo ruolo: il clarinetto guida le melodie, tra virtuosismi e improvvisazioni; la tromba aggiunge quel tocco di brillantezza e potenza, mentre il trombone regala un suono più caldo e rotondo.
Il piano è armonia e accompagnamento; il contrabbasso e la batteria creano ritmo, sostenendo tutto l’ensemble.

Raggiunta la massima popolarità nei primi decenni del XX secolo, con gruppi come i “Original Dixieland Jass Band” che hanno portato il genere al grande pubblico, il Dixieland ha continuato a essere amato e suonato da musicisti di tutto il mondo.