Il Novecento è stato un periodo di innovazione e sperimentazione, un periodo che ha portato alla creazione di nuovi strumenti e sonorità.
È basilare considerare questo per comprendere il rapido abbandono che alcune sonorità hanno subito a causa della mancanza di una ricerca approfondita.
È interessante notare che quando si è cercato di esplorare nuove forme e campi proiettivi, grazie all’uso di strumenti tecnologici, queste si sono rivelate innovative nel caso della composizione e nel confronto in orchestra.
E in entrambi i casi, l’invenzione musicale non si è limitata alla scoperta di un suono, ma ha richiesto un grande investimento sul suono.
Un esempio significativo è rappresentato dalla pratica della preparazione degli strumenti, introdotta da Henry Cowell e successivamente sviluppata da John Cage.
Questa tecnica avrebbe avuto un impatto limitato se non fosse stata accompagnata da un’elaborazione creativa sull’utilizzo degli strumenti stessi.
Al contempo, tuttavia, alcune invenzioni sorprendenti come le macchine microtonali e le sculture sonore dei fratelli François e Bernard Baschet, utilizzate con esiti deludenti da Pierre Henry, non hanno lasciato alcun segno.
Perciò, per ottenere un risultato nuovo (che non si consumi rapidamente!), che richieda un’esplorazione più profonda, il suono deve dipendere da un’idea compositiva che può far apparire diverso anche ciò che si credeva di conoscere.
Ed il rapporto tra composizione e guizzo innovativo viene paradossalmente esaltato quando ci si confronta con strumenti acustici nelle formazioni orchestrali tradizionali.
In questi contesti, infatti, non è possibile mentire, non ci sono trucchi e neppure inganni che possano mascherare l’innovazione tecnologica!
Questo spiega perché gran parte della ricerca musicale contemporanea si impegni con strumenti e formazioni che potrebbero essere considerati archeologia in altri contesti.