di Beatrice Silenzi

“Scene da un matrimonio”, capolavoro del regista svedese Ingmar Bergman, è una sconvolgente cronaca dell’incapacità di due persone di amarsi, nonostante sposate.

Inizialmente presentato come una miniserie televisiva di 281 minuti, ridotto poi a 167, ha continuato tuttavia a trasmettere tutta la potenza e l’intensità dell’opera originale.

Interpretato magnificamente da Liv Ullmann ed Erland Josephson nei ruoli dei protagonisti, il film scandaglia la coppia nel dolore, nel desiderio di due individui che rimangono legati l’uno all’altro nonostante la fine del loro matrimonio e l’arrivo di nuovi partner.

Bergman, con la sua profonda comprensione delle emozioni umane complesse, offre uno sguardo crudo ma umano sulle dinamiche di una relazione in disfacimento, attingendo alla sua esperienza personale e dal malessere che vedeva intorno a sé per creare una storia che risuonasse profondamente con il pubblico.

Marianne e Johan, i nomi dei protagonisti, sono in una coppia apparentemente felice, che però lotta contro la perdita dell’amore e della connessione emotiva che il regista dipinge con maestria nelle sfumature complesse dell’infelicità coniugale, esplorando la noia, la frustrazione e il senso di smarrimento, la rabbia, la delusione e l’amore non corrisposto.

La maestria attoriale tocca le corde emotive dello spettatore in una performance che dimostra la loro abilità nel dare vita a personaggi complessi e vulnerabili.
La scelta di Bergman di presentare la storia attraverso una serie di dialoghi taglienti e confronti crea una continua tensione, mentre la lunga durata del film, sia nella versione cinematografica che nella miniserie originale, permette di esplorare a fondo i sentimenti e le dinamiche complesse dei protagonisti, creando un’esperienza profondamente umana.